Dopo l’articolo su Slowhand, Dylan e Neil Young, Alessandro Vailati torna a parlarci di Clapton, occupandosi questa volta dei suoi “incroci” con alcuni degli artisti italiani più amati e riconosciuti a livello internazionale. Grazie Alessandro!
Diario di un insolito viaggio
Eric Clapton non ha mai nascosto il suo amore per l’opera, e in particolare per Puccini.
Quando una famosa rivista musicale, Uncut, gli chiede di scegliere alcuni brani per compilare un cd che rappresenti le sue preferenze, aggiunge alle sue amate tracce blues anche Che Gelida Manina, da La Bohème. Risulta così più semplice capire il suo legame con Luciano Pavarotti che lo porta sul palcoscenico di Modena a duettare per ben due volte con il Maestro, nel 1996 e poi nel 2003, nella sempre emozionante Holy Mother. E nella prima occasione interpreta pure, con Zucchero, Un Piccolo Aiuto, dando lustro alla canzone con il suo inconfondibile tocco, in questo caso impugnando una chitarra acustica.
Galeotto fu un pantalone di pelle…
Soffermiamoci un poco proprio sulla storia dell’amicizia con Adelmo Fornaciari. Tutto nasce nel 1987… Clapton torna in Italia, dopo i tour dell’83 e dell’85, per promuovere August. Zucchero, forte del successo ottenuto con Rispetto, ha appena registrato Blue’s e si presenta davanti a Slowhand da fan, per conoscerlo. Eric si permette una battuta e gli dice: “Mi piacciono i tuoi pantaloni di pelle…”. Non l’avesse mai detto! L’artista italiano se li sfila per darglieli, l’altro imbarazzato apprezza, ma saggiamente declina l’offerta.
Si tratta di un modo insolito e divertente per rompere il ghiaccio. Successivamente si incontreranno a cena e Adelmo riuscirà a lasciargli il demo di Wonderful World. Il resto è storia… Clapton inciderà svariati “solo” per questa bellissima song che verrà inclusa in Oro Incenso e Birra. Sarà l’inizio di una cospicua partnership che porterà il chitarrista inglese a essere ospite nel concerto di Roma del 1989.
Successivamente Zucchero sarà l’opening act del Journeyman Tour, farà una comparsata nel 1992 durante Tearing Us Apart a Bologna, anno in cui Clapton ed Elton John propongono una serie di show insieme, e proporrà, nell’album dei duetti Zu & Co, nuovamente Wonderful World, stavolta facendo cantare anche Eric.
L’apoteosi avverrà nel 2004, quando, durante la rassegna celebrativa di quell’album alla Royal Albert Hall, nonostante la febbre alta e quindi l’iniziale annuncio della sua defezione, il chitarrista inglese comparirà per quel pezzo e una sensazionale Hey Man.
“L’Uomo e l’Artista che amo di più, nel mondo!”. Queste le parole dette da Zucchero per suggellare una vera amicizia che continua tutt’oggi.
Dai Cream ai Blind Faith fino all’amore per lo storico Unplugged
L’emozione che lega noi e l’Italia al God della chitarra continua con un altro rapporto forte, che da infatuazione univoca è diventata una bella storia di condivisione reciproca. È giunto il momento di parlare del “Chitarrista di Blues” napoletano. Un altro grande autore corona il suo sogno. Pino Daniele si innamora di Eric Clapton a partire dai Cream. Rimane poi stupefatto dalla fase Blind Faith al punto di adottarne, soprattutto per le sue prime registrazioni demo acustiche, accordi, arpeggi e ispirarsi liberamente. Possiamo notarlo in Stappi-Stopotà, un prezioso inedito che vide la luce nel 2015, costruito sulle atmosfere di Can’t Find My Way Home.
Successivamente, dopo l’ammirazione per i lavori di fine anni settanta (vedi Slowhand, pubblicato nel 1977, ad esempio) che coincidevano con i primi successi del musicista napoletano, ecco un’altra forte infatuazione in Allora Sì…, un chiaro tributo a Signe, tratto dal pluripremiato Unplugged…
Dopo tanti anni si scopre che la venerazione di Pino per Eric è reciproca. Viene infatti invitato al Crossroads Guitar Festival organizzato da Slowhand nel 2010 e, l’anno successivo, il 24 giugno, Clapton ricambia per un’indimenticabile serata di beneficenza a Cava de’ Tirreni.
Il tutto è magnificamente sintetizzato proprio dalle sue parole: “Per anni ho conservato nella custodia della più fedele delle mie chitarre un articolo in cui Eric Clapton diceva di amare la mia musica. Poi, un giorno, me lo sono trovato al telefono che mi invitava a partecipare a Chicago alla sua manifestazione, incrocio della crema dei chitarristi blues e rock del mondo. E dopo quel sogno in cui ho fatto l’americano, ecco questo sogno verace di una notte di inizio estate: il mascalzone latino sul palco di Manolenta, due chitarre pronte a jammare”.
Per Te è la sorprendente traccia che viene scelta da Slowhand a dimostrazione dell’attenzione provata per la musica di Pino, il quale, dal canto suo, inserisce nel suo ultimo album La Grande Madre una delicata versione di Wonderful Tonight con parte del testo in italiano…
Insomma, tutto questo dimostra quanto Clapton abbia sempre avuto a cuore la musica italiana, dalla tradizione classica e operistica fino alle mescolanze di generi proposte da Zucchero e soprattutto Pino Daniele.
E per finire una chicca…
Mancava forse solo il beneplacito per il rock, genere da sempre un poco in difficoltà nel trovare una vera originalità sul nostro territorio. Ebbene, l’ultima chicca si ricollega a Napoli, quindi ancora alla terra di Pino, e a Pavarotti, poiché accade durante i suoi concerti, quasi a chiudere il cerchio del nostro discorso. E qui entra in scena Edoardo Bennato…
L’autore di Sono Solo Canzonette ha sempre avuto una predilezione per la “musica del diavolo” e alcune sue composizioni si avvicinano molto allo stile di John Mayall che come ben sappiamo è particolarmente legato a Eric, risultando fondamentale soprattutto all’inizio della sua carriera. Sotto le spoglie di Joe Sarnataro, accompagnato dai Blue Stuff, addirittura pubblica nel 1992 un disco chiaramente legato al blues intitolato E’Asciuto Pazzo ‘o Padrone.
Durante il Pavarotti & Friends del ’96 si esibisce in una straordinaria Le ragazze fanno grandi sogni insieme al Solis String Quartet e, grazie al libro Così è se vi pare (Baldini Castoldi Dalai editore), scopriamo questo aneddoto: “Eric Clapton nei camerini si complimentò con Edo confidandogli che da sempre aveva avuto molte riserve nei confronti della cosiddetta musica rock italiana fatta di scimmiottamento dei modelli angloamericani, e che aveva quindi particolarmente apprezzato la formula del quartetto d’archi che, pur rinunciando alla ritmicità e alla modernità, attingeva al patrimonio musicale italiano”.
Dopo aver già sperimentato con Michael Kamen l’orchestra in alcune colonne sonore e per una serie di concerti alla Royal Albert Hall nel ’90-’91, documentati in una parte del doppio album 24 Nights, potrebbe quindi non essere una coincidenza la scelta di realizzare Pilgrim, di cui si celebrano i ventitré anni dall’uscita in questi giorni, con una produzione minimale, perseguendo la teoria del “less is more”, pervasa in gran parte delle tracce dagli archi magistralmente arrangiati da Nick Ingman.
Ora non rimane che aspettare il 18 e 20 maggio 2022 per rivedere finalmente, dopo tanto tempo, nelle date di Bologna e Milano, il nostro Manolenta in Italia, dove manca, guarda caso, proprio dal 24 giugno 2011.
Alessandro Vailati
Redattore presso Loudd. Magazine, progetto culturale di critica musicale, letteraria, cinematografica, artistica
Editor presso Blues Cluster. Sito web di notizie e media
Amministratore pagina Doyle Bramhall II Italia