“Diabulus in musica”: il metal è la musica del diavolo?

A poche settimane dal suo primo articolo, Elisa Caire torna a regalare al blog un’interessante riflessione sul rapporto tra il metal e il simbolo del “diavolo”. Un simbolo potentissimo e denso, in grado, proprio come scrive Elisa, di indicarci «la vera essenza della musica: mostrarci un lato di noi stessi che ancora non conoscevamo, un lato inesplorato che opprimiamo continuamente nella realtà quotidiana, che molto spesso così tanto realtà non lo è affatto, perché ci impedisce di vivere interamente la nostra autenticità».

“DIABULUS IN MUSICA”: IL METAL È LA MUSICA DEL DIAVOLO?

Satana, Lucifero… il diavolo. “La bestia dai molti nomi”. È un verso della canzone “He Is”, “Egli È”, dei Ghost, una band heavy metal che da qualche tempo ha iniziato a catturare fortemente la mia attenzione.

Questa canzone inizia con una soave e pulita linea musicale di chitarra, sulla quale canta una voce altrettanto pulita e dolce, che nei ritornelli si fonde con cori a tante voci diverse e un pianoforte. È una canzone avvolgente, limpida, a nessuno verrebbe in mente che sia dedicata a Satana.

Sto ascoltando questa canzone, e proprio mentre capisco le parole del testo e ne realizzo il significato, ecco che essa diventa un altro specchio in cui riflettermi e ritrovare una parte di me, forse la più importante.

Scrivendo queste frasi ho una sola cosa in mente: “Antichrist Superstar” di Marilyn Manson, l’artista che era stato oggetto del mio precedente articolo, e che richiamerò in causa anche in questo, ma in maniera più ampia, perché quella “bestia dai molti nomi” di cui parla la canzone dei Ghost non è solamente il simbolo di ribellione utilizzato da Manson in numerosi suoi lavori, ma ha caratterizzato per secoli innumerevoli creazioni di fama mondiale non soltanto musicali, ma anche artistiche, letterarie e cinematografiche. La storia di ribellione e libertà artistica di cui ho parlato in quell’articolo non è una storia vissuta e raccontata solamente da Manson, ma è una storia universale, che probabilmente trova le sue radici nel momento in cui l’arte è stata inventata, perché l’arte è il mezzo di conoscenza che permette all’uomo di esplorare il proprio inconscio e le proprie passioni, e tutto ciò che non si conosce ha sempre terrorizzato chiunque. E questo è esattamente ciò che ha fatto quel controverso artista noto al mondo come “l’Anticristo Superstar”: terrorizzare il mondo mostrandogli ciò che non voleva vedere, il lato oscuro delle cose, il Manson dietro a Marilyn, e ribellarsi a quella “esuberante pienezza” di benessere cieco e consumismo nella quale in fondo siamo tutti felici di essere imprigionati, come direbbe il caro e vecchio Friedrich Nietzsche ne “L’Anticristo”.

Il caso ha voluto inoltre che proprio oggi, 7 agosto, fosse il compleanno di Bruce Dickinson, il celebre cantante degli Iron Maiden, una delle prime band heavy metal mai esistite, e una delle prime che io abbia mai ascoltato. E riguardo a ciò, mi torna in mente una citazione proprio di Bruce Dickinson che esprime perfettamente ciò che voglio comunicare ora: “il metal esorcizza il grande bisogno di amore che ognuno ha, è sentimento puro.” La musica viene prima di qualsiasi pensiero, è sentimento puro. E nel metal questo sentimento irrompe come una bestia pronta a divorare qualsiasi cosa si trovi davanti, violenta, catartica, spaventosa.

Questo articolo è dunque una necessità per me, per riprendere ciò che avevo cercato di esprimere precedentemente con un esempio specifico e portarlo ora su un piano ancora più universale e mostrare come in fondo vi sia un unico solido elemento che accomuna tutti i grandi musicisti rock: il desiderio di libertà.

Ma se questo desiderio di libertà, o addirittura la libertà stessa, è spesso stato rappresentato attraverso il diavolo e da tutto l’immaginario che vi è intorno, la domanda sorge spontanea: il metal è la musica del diavolo? Ebbene sí, il metal è decisamente la musica del diavolo…e non solo ideologicamente. Basti pensare al fatto che quella che viene riconosciuta come la prima vera canzone metal, ovvero “Black Sabbath” dei “Black Sabbath” dell’album “Black Sabbath” – direi che abbiamo afferrato il concetto – si basa interamente sul tritono, una combinazione di tre note che, per via dei loro intervalli costituiscono, producono un effetto che al nostro orecchio risulta essere fortemente obliquo e dissonante, quasi inquietante; per questo motivo il tritono viene chiamato “diabulus in musica” e nel Medioevo era stato severamente vietato poiché, a causa della sua sonorità sinistra, sembrava proprio essere stato creato dal Diavolo stesso. E il fatto che la prima canzone metal si fondi su questo insieme di note la dice lunga su quanto il diavolo costituisca il DNA stesso della musica metal: non lo si può rimuovere, poiché ne è la colonna portante.

Il diavolo non è dunque un mostro deforme o una divinità di qualche genere, ma è un’idea, un simbolo, sentito dai musicisti metal e dai loro fan non come fine a se stesso ma come rappresentazione della loro interiorità più profonda, una catarsi, una piena liberazione e affermazione di sé che non si può trovare da nessun’altra parte, come un rito dionisiaco. E i concerti metal, con i loro poghi catartici – spesso anche violenti – e la loro energia sono davvero come dei riti dionisiaci, poiché sono spinti dalla pura passione della musica che fonde insieme musicisti e spettatori.

È per questo che molti musicisti metal hanno trovato ispirazione dalla filosofia di Anton S. Lavey, colui che nel 1969 scrisse “La Bibbia Satanica”. Il primo cantante metal ad essersi apertamente ispirato a questo scritto fu King Diamond, della band Merciful Fate, il quale disse: “quando lessi “La Bibbia Satanica”, essa mi presentò una filosofia di vita. Non dice che bisogna credere ciecamente in un dio, ma parla del potere dell’ignoto.” E dopo tutto ciò di cui abbiamo parlato finora, risulta ormai chiaro il perché questa filosofia vada felicemente a braccetto con il metal. In seguito a King Diamond vi furono molti altri musicisti che si avvicinarono al satanismo laveyano, che anziché essere una religione, come in molti credono, è una filosofia, proprio perché non accetta nulla come dogma inviolabile a cui sottomettersi. Uno di questi musicisti è proprio Marilyn Manson, il quale non solo esprime questi concetti attraverso la sua musica, ma condusse anche una stretta amicizia con Lavey stesso fino alla morte di quest’ultimo, e tutto ciò ovviamente portò i media a formulare le più assurde teorie complottiste su quanto Manson “sacrificasse animali a Satana durante i concerti” o “invocasse Satana per distruggere il mondo attraverso le sue canzoni”.

Marilyn Manson (sinistra) e Anton S. Lavey (destra) nel 1994

Le sue azioni controverse, come strappare la bibbia durante le esecuzioni live della canzone “Antichrist Superstar” dall’alto di un pulpito o bruciare la bandiera americana sul palco, hanno scatenato per anni su di lui le infinite proteste delle più conservatrici comunità cristiane americane, ma l’intento di Manson era proprio quello di dimostrare quanto l’America stessa avesse abusato di ideali puri fino a farne un prodotto commerciale o servirsene per scopi politici, e infatti erano proprio la Chiesa e lo Stato a opprimere la libertà di espressione di Manson, non il contrario.

Ma Manson non fu l’unico a subire ripetutamente proteste pubbliche di questo genere: anche la band black metal Behemoth si trovò a dover affrontare diverse cause legali per blasfemia e atti scandalosi durante i concerti dovute alla loro immagine “satanica” e al loro messaggio “anti-cristiano”. Eppure, ancora una volta niente animali sacrificati o riti satanici, e Nergal stesso, il cantante dei Behemoth, disse: “io ho bisogno di quelle immagini e di quelle metafore per esprimere il mio disgusto e la mia frustrazione verso istituzioni opprimenti che per me rappresentano il virus del mondo di oggi.” Poiché di questo si tratta: metafore, il cui grande impatto viene sfruttato come mezzo per trasmettere un messaggio nel modo più diretto possibile.

E lo stesso vale per band come gli Iron Maiden, autori di molte delle più celebri canzoni heavy metal della storia, quali ad esempio “The Number Of The Beast“, “Il numero della bestia”, che dà il titolo anche all’album in cui è contenuta. Contemporaneamente agli Iron Maiden nacquero anche molte altre storiche band metal come i Kiss, i Judas Priest, i Venom, gli Slayer e tanti altri, che negli anni ’80 furono protagoniste del così detto “satanic panic”, ovvero il periodo in cui si diffuse la mania di trovare in qualsiasi parola o nota un riferimento al diavolo e a un qualche sacrificio della propria anima da parte dei musicisti, per poterli incolpare dei mali della società, quando invece essi altro non erano che i sintomi di questi mali. Su quante volte la musica “violenta” sia stata oggetto di accusa da parte dei media per tragedie come suicidi di ragazzini con situazioni famigliari critiche o sparatorie in scuole da parte di studenti bullizzati, si potrebbe scrivere un articolo intero a parte, ma non dilunghiamoci troppo.

Ovviamente non c’è da sorprendersi quando nel 1982 Ozzy Osbourne venne definito come “posseduto dal diavolo” a seguito del ben noto evento in cui, durante un concerto, addentò un pipistrello vivo. Ma era davvero stato posseduto da una forza demoniaca che tutto a un tratto era entrata nel suo corpo e lo aveva spinto a una tale oscenità? La risposta è molto semplice, ma incute timore proprio per la sua semplicità. In quel momento non vi era in gioco nessuna entità demoniaca, ma i puri istinti umani più profondi, istinti irrazionali, animaleschi, bestiali, che nell’enfasi della musica erano emersi in tutta la loro furia in maniera esplosiva. (Su quanto l’uso di droghe abbia influito non ci è dato di sapere, ed è un altro discorso, ma una cosa è certa: lo spacciatore di Ozzy Osbourne non era il Belzebù.)

Ed è proprio questo che costituisce la vera essenza della musica: mostrarci un lato di noi stessi che ancora non conoscevamo, un lato inesplorato che opprimiamo continuamente nella realtà quotidiana, che molto spesso cosí tanto realtà non lo è affatto, perché ci impedisce di vivere interamente la nostra autenticità.

“Ci nascondiamo qui in un sogno, e tutti i nostri dubbi sono ora distrutti”, dice la seconda strofa di “He Is” dei Ghost. Ma come, non è esattamente questo che è un sogno: un’illusione, un dubbio? Non è la cosa più lontana dalla realtà concreta a cui si possa pensare? Nulla di più sbagliato, perché i nostri sogni più reconditi sono proprio la nostra vera essenza, che ogni giorno celiamo per apparire come tutti gli altri, ma che nel profondo muove le nostre azioni e i nostri pensieri più istintivi, i quali davvero definiscono ciò che siamo, e che emergono proprio attraverso i nostri sogni – non a caso molti artisti hanno spesso trovato ispirazione per la loro musica nei loro sogni più assurdi. E proprio per questo essi ci spaventano, perché la maggior parte delle volte preferiamo ingannarci e convincerci del fatto che in noi non esiste la crudeltà, non esiste la passione, la rabbia, il peccato, la forza, la volontà di potenza, che Nietzsche rappresenta con il leone. Noi abbiamo paura di quel leone perché tremiamo di fronte all’idea di diventare responsabili delle nostre azioni, che invece è proprio il messaggio che il satanismo laveyano vuole comunicare. Se vi è un “peccato” nel satanismo, è solamente la stupidità cieca di affidare la propria vita a qualcosa o qualcun altro per paura di diventarne noi stessi padroni. E allora l’inferno nient’altro è che il nome che diamo a questa parte di noi con cui non vogliamo mai fare i conti ma che non può restare sopita per sempre. Per citare ancora una volta Marilyn Manson, “le persone odiano solo ciò che vedono in loro stesse”, perché hanno paura di accettarsi e dire “io voglio” anziché “io devo”.

In conclusione, riprendendo quella meravigliosa canzone dei Ghost, riguardo a Lucifero “egli è insurrezione, è il disprezzo, è la forza che mi ha fatto Essere”, che vuol dire “l’immagine del diavolo è la volontà che mi ha permesso di affermare la mia individualità, di alzare la testa e differenziarmi dagli altri per accettare la mia unicità”.

E l’unicità di ogni persona è costituita da tutte le pulsioni che troppo spesso non vogliamo vedere, ecco perché avremo sempre bisogno di qualcuno come Marilyn Manson, gli Iron Maiden o i Black Sabbath che ce le mostri.

“Egli è la disobbedienza che ci unisce“; il metal sarà sempre la musica del diavolo, Amen.

Elisa Caire