Quando pochi anni fa mi sono dedicato allo studio di Pat Martino, sentivo che scrivere di lui e della sua filosofia avrebbe non solo avuto un effetto benefico su di me, ma forse anche suscitato interesse in qualche aula di Conservatorio.
All’epoca era solo un pensiero, che ritenevo piuttosto ingenuo in verità.
Lo scorso marzo, invece, inaspettatamente fui contattato da uno studente del Conservatorio Mascagni di Livorno: stava scrivendo la tesi proprio su Pat Martino. Wow, pensai… La potenza della musica e dell’esperienza umana di Pat continua a diffondersi anche tra le generazioni più giovani.
Pochi giorni fa Daniele Guerrazzi si è laureato in Chitarra Jazz e mi ha mandato il suo lavoro, nel quale sono onorato di comparire tra le fonti bibliografiche citate. Una tesi che mi ha convinto sin dal titolo: La musica come ancora di salvezza. Perché era esattamente l’idea-guida che mi aveva orientato a suo tempo quando mi ero messo a scrivere di Pat.
Mi è venuto quindi naturale coinvolgerlo in una breve chiacchierata sul potere salvifico della musica, in perfetta continuità con il secondo articolo del blog. Lo ringrazio sin d’ora per la disponibilità, il piacere di averlo conosciuto e i video delle sue esecuzioni.
E dunque, Daniele, da dove nasce l’idea di dedicare la tua tesi all’esperienza artistica di Pat Martino?
Quando ho ascoltato i dischi di Pat Martino per la prima volta, sono rimasto molto colpito dal suo particolare fraseggio. La curiosità mi ha spinto ad approfondire la conoscenza di quest’artista americano e sono rimasto affascinato dalla sua storia e dalle doti tecniche sprigionate attraverso il suo strumento. Affetto da una grave malformazione congenita che è stata poi la causa di un grave aneurisma cerebrale all’età di 36 anni, Pat viene salvato in extremis da un delicato intervento chirurgico al cervello che tuttavia determina una perdita totale della memoria e un annientamento delle sue capacità musicali. In questa complicata situazione, Pat troverà un’ancora di salvezza nella musica.
Grazie a questo particolare linguaggio, l’artista ritrova la strada di casa e torna ai successi vissuti in precedenza. Questa testimonianza può aiutare a comprendere la forza e l’importanza di questo idioma per la vita degli esseri umani. L’esperienza artistica di Pat Martino è una limpida testimonianza della potenza della musica e può aiutare tutti noi ad apprezzarne l’immenso valore.
Pat è stato un pioniere nell’approcciare la chitarra a partire dal suo funzionamento interno, senza basarsi su altri strumenti. Da qui sono nate le sue intuizioni folgoranti sulla tastiera della chitarra che funziona per moltiplicazione e non per addizione, come il pianoforte. O ancora le figure geometriche che ha ravvisato nella formazione dei vari accordi. Quanto tutto questo può essere di ispirazione quando suoni o componi un brano?
Nell’ambito compositivo, sono convinto che la nostra immaginazione e la nostra capacità di creare possano essere di maggiore aiuto rispetto alle teorie strutturali di uno strumento. Naturalmente le intuizioni di Pat Martino mi hanno portato a comprendere meglio le possibilità della chitarra e le sue potenzialità. Le teorie musicali che ho approfondito nel mio elaborato, cioè la Augmented Parental Form e la Diminished Parental Form, mi hanno reso più consapevole delle regolarità geometriche che si possono rintracciare nel manico della chitarra e di quanto queste siano fondamentali nell’approcciarsi a questo strumento. Molti fraseggi eseguiti in una certa posizione del manico possono funzionare anche in altre posizioni senza cambiare la diteggiatura della frase.
Dal mio punto di vista, Pat Martino, attraverso le teorie da lui elaborate, riesce a dimostrare l’esistenza di un legame tra geometria e uso della chitarra. Questa connessione può sicuramente stimolare le nostre improvvisazioni. Anzi, consiglio a tutti quelli che si cimentano con lo strumento a sei corde di provare a giocare con le proprie frasi e vedere se riuscite a trovare altre posizioni dove possono suonare bene mantenendo la stessa diteggiatura e il solito contesto tonale.
Pat Martino ha incentrato il suo approccio alla vita e alla musica sulla visione e interazione continua degli opposti, un’idea che nel libro approfondisco in riferimento al grande filosofo antico Eraclito, ma non solo. Questa visione del mondo può tradursi in un’effettiva esperienza musicale?
Sicuramente. Basta pensare alla musica tonale che è la principale espressività che ricorre nella musica di oggi. Questa espressione è comandata da due elementi importantissimi, la Tonica e la Dominante. In senso armonico, la tonica rappresenta un accordo che crea stabilità. Questa sensazione è data in funzione alle armonie che attingono alla tonica stessa. Sempre in senso armonico, la Dominante è invece un accordo che crea tensione, ovvero una situazione instabile. Tale sensazione nasce da un’attrazione rivolta a un determinato accordo di risoluzione, chiamato Tonica.
Possiamo pertanto affermare che ciascuna di queste categorie, nonostante le loro funzionalità opposte, hanno senso di esistere solo se esiste anche l’altra e viceversa. L’eterna lotta tra questi due elementi porta a formare la Tonalità, un ingrediente che spesso ricorre con grande frequenza nella musica contemporanea. In qualche modo, questo sistema può ricondurci nuovamente alla filosofia di Eraclito e alle sue teorie. Per il filosofo greco l’esistenza di un qualsiasi sistema è frutto della continua lotta tra gli opposti di cui è esso stesso costituito. In fisica, ad esempio, il magnetismo non esisterebbe senza un polo positivo e uno negativo. Allo stesso modo, la Tonalità non esisterebbe senza la Tonica e la Dominante. Da tutto questo si può dedurre facilmente quanto la teoria di Eraclito si innesti anche nel mondo musicale.
Ho trovato di grande interesse la tua analisi di due brani eseguiti da Martino prima e dopo il decisivo intervento chirurgico del 1980 che gli provocò una gravissima amnesia. In particolare, per quanto riguarda un capolavoro come Impressions di John Coltrane, che differenze stilistiche hai colto nelle versioni di Pat del 1974 e del 2018?
Il primo elemento che emerge nella versione originale di Impressions, incisa per la prima volta da Pat Martino nel 1974 e inserita nel suo disco Consciousness, è sicuramente la frenesia del chitarrista nel creare le sue frasi. L’improvvisazione è basata su patterns molto complessi all’interno dei quali l’artista cerca in modo molto creativo di rielaborare la frase originale in maniera continuativa. Nonostante ciò, all’interno delle frasi sviluppate da Pat Martino è facilmente tracciabile un nucleo ripetitivo. Questo nucleo è definito da un arpeggio, cioè quello del III grado sopra alle armonie presenti nella composizione. Tramite l’utilizzo di questo arpeggio, il chitarrista di Philadelphia costruisce la maggior parte dei lick musicali presenti in questa improvvisazione.
Passando all’improvvisazione eseguita in Impressions nel live svizzero del 2018, che ho trascritto appositamente per questa mia analisi, la prima cosa che salta agli occhi rispetto alla versione registrata nel 1974 è la minor frenesia della mano dell’artista sullo strumento. Infatti, il suo tocco appare decisamente meno ansioso nel processo di creazione delle varie frasi che compongono la sua improvvisazione. A dispetto di questa minor impazienza, Martino riesce comunque a creare un fraseggio musicale molto più dinamico rispetto a quello presentato nella versione originale del 1974.
Sempre con riferimento alla versione del 2018, un’altra caratteristica distintiva è rappresentata dai patterns ritmici che rispetto alla versione originale del 1974 sono proposti con una maggiore frequenza. In aggiunta, un ulteriore elemento di differenziazione dell’assolo presente nella più recente versione di Impressions è dato dalla costruzione della frase. Se operiamo un attento confronto, quello che emerge nella performance del 2018 è il fatto che l’artista adotta un atteggiamento più blues rispetto all’incisione del 1974, regalando così agli ascoltatori una nuova versione del brano dominata da un sound più Soul Jazz e meno Hard Bop.
Pat Martino è diventato anche un vero e proprio caso di studio medico, psicologico e neuroscientifico, a conferma della straordinaria relazione da lui incarnata tra musica, salute e salvezza. Tu ne parli alla fine della tesi facendo riferimento anche ad alcuni interventi chirurgici avveniristici, ad esempio in un noto ospedale torinese…
Nell’esperienza di vita di Pat Martino, questo tema è sicuramente tra quelli più significativi. Nella vicenda umana e artistica del chitarrista di Philadelphia, oltre al contribuito fornito attraverso la sua chitarra all’evoluzione del linguaggio jazz, un altro fattore di notevole importanza è la prova di come la musica possa aver contribuito ad appianare e sanare le gravi vicissitudini personali provocate dalla malformazione congenita dalla quale il musicista era affetto. Secondo alcuni commentatori, infatti, è stato lo stesso linguaggio musicale a restituirgli il suo talento innato andato perduto in seguito all’intervento conseguente all’aneurisma cerebrale.
A livello medico, tra i vari documenti e analisi condotte sul caso del chitarrista statunitense, troviamo un contributo pubblicato nel 2014 sull’importante rivista World Neurosurgery, un giornale scientifico interessato alle questioni relative alla neurochirurgia, il cui primo autore è il dottor Marcelo Galarza dell’ospedale universitario di Murcia in Spagna. In questo articolo, intitolato Jazz, Guitar, and Neurosurgery: The Pat Martino Case Report, la documentazione sanitaria del caso di Pat Martino è stata utilizzata per definire alcuni legami critici tra musica e medicina. In particolare, a detta dei diversi autori dell’articolo, il caso Martino rappresenta la prima osservazione clinica di un paziente che ha mostrato una guarigione completa da una profonda amnesia con conseguente riacquisto del precedente status virtuoso.
In aggiunta all’articolo di World Neurosurgery, il caso del chitarrista di Philadelphia ha interessato molti altri esperti in campo neurologico. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che siano state le diverse potenzialità della musica ad aver fornito un contributo essenziale al processo di recupero delle doti che Martino possedeva prima dell’intervento. Tra gli esperti del settore, una delle ipotesi formulate è quella che fa riferimento allo sviluppo celebrale del musicista. Tale sviluppo avrebbe interessato la neuro-plasticità del cervello, vale a dire le reti neurali che permettono la comunicazione tra le cellule cerebrali, ovvero i neuroni. Ogniqualvolta queste reti sono sottoposte ad un’intensa attività musicale, le varie connessioni cerebrali possono subire dei mutamenti e plasmare i collegamenti esistenti tra i neuroni. Secondo alcuni neurochirurghi, questo processo di interconnessione tra le cellule del cervello può aver contribuito al recupero del talento di Martino che era andato perduto in seguito all’aneurisma che lo aveva colpito.
Tutte queste tesi possono aiutarci a comprendere un legame importante, vale a dire quello tra medicina e musica. Non a caso negli ultimi anni il valore terapeutico della pratica musicale per le patologie neurologiche è stato anche utilizzato in sala operatoria attraverso la tecnica chirurgica denominata asleep-awake. Questa tecnica di intervento prevede che il paziente sia operato in stato cosciente e non narcotizzato. In caso di operazione al cervello, lo stato cosciente consente di monitorare le attività cerebrali del paziente direttamente in fase d’intervento.
Relativamente all’asleep-awake e alla pratica musicale, sul panorama nazionale la stampa ha dato un certo rilievo all’operato del prof. Diego Garbossa dell’ospedale Le Molinette di Torino. Nel dicembre dello scorso anno, il prof. Garbossa ha trattato con successo il caso di un musicista professionista, Alan Brunetta di 35 anni, al quale era stato diagnosticato un tumore al cervello esteso a livello del lobo temporale e insulare destro. Oltre a salvare la vita al paziente, l’intervento si poneva anche l’ambizioso obiettivo di preservare con la massima probabilità le abilità creative e di improvvisazione musicale dell’artista.
In accordo con il diretto interessato, l’équipe del prof. Garbossa ha pianificato l’intervento con una modalità di awake surgery. Dopo la prima fase in narcosi, durante la quale è stato eseguito l’accesso chirurgico al cervello, il paziente è stato risvegliato in sala operatoria e si è proceduto con il brain mapping, vale a dire con la mappatura cerebrale per individuare un’area corticale sicura da cui iniziare ad aggredire la lesione tumorale. Durante la mappatura, ai classici test che normalmente vengono effettuati in questi casi dal neuropsicologo, il paziente ha alternato momenti di improvvisazione ed esecuzione di brani musicali con l’ausilio di una chitarra acustica e di un tamburello a mano. Queste attività musicali hanno consentito ai medici un monitoraggio continuo delle attività cerebrali, garantendo così l’esportazione del tumore in tutta sicurezza, ovvero senza intaccare parti di cervello che avrebbero potuto causare la perdita di alcune doti artistiche del paziente. Durante tutta l’operazione, e al termine della medesima, Brunetta non ha riportato nessun deficit. Infatti, la verifica del suo stato post-operatorio ha confermato il buon esito dell’operazione stessa confermando così che la tecnica asleep-awake offre ottime possibilità per i pazienti affetti da gravi patologie cerebrali.
Alla luce di tutte queste evidenze scientifiche, è immediato comprendere quanto possa essere importante l’esperienza di vita di Pat Martino e come essa possa avere contribuito allo sviluppo di diversi settori di studio. Questo artista passerà alla storia non solo per il suo magistrale contributo alla musica jazz, ma anche per la sua vicenda esistenziale. La storia dell’artista statunitense racconta infatti la vita di un uomo salvato dalla sua stessa passione, vale a dire la musica. Il vissuto del chitarrista di Philadelphia è quindi fondamentale per afferrare appieno l’importanza di tale disciplina per la vita degli esseri umani. La musica, intesa come linguaggio e modalità di espressione, è indispensabile non solo per lo sviluppo intellettuale e l’educazione degli individui, ma può essere determinante anche per lo sviluppo di tecniche innovative in altri settori di notevole importanza come appunto la medicina.